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DISTURBO NARCISISTICO E BORDERLINE DI PERSONALITA’: IMPLICAZIONI NELLE RELAZIONI ADULTE

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DISTURBO NARCISISTICO E BORDERLINE DI PERSONALITA’:  IMPLICAZIONI NELLE RELAZIONI ADULTE

Iniziamo la trattazione col dire brevemente e con parole semplici cosa sia la personalità e cosa si intenda per “disturbo di personalità”.

La personalità è: un insieme caratteristico di pensieri, sentimenti e comportamenti che mediano e direzionano pensieri e modi di porsi “tipici” del soggetto, e che possono essere adattivi e/o disadattivi. Essa è il risultato dell’interazione tra elementi che riguardano: corredo genetico-biologico, ambiente, esperienze individuali della propria “storia di vita”.

Nel DSM-IV viene definita come :

“Una modalità duratura di percepire, rapportarsi o pensare a se stessi o all’ambiente”

Eysenck afferma che:

La personalità è la più o meno stabile e durevole organizzazione del carattere, del temperamento, dell’intelletto e del fisico di una persona: organizzazione che determina il suo adattamento totale all’ambiente.” (Eysenck, 1916-1997)

Da ciò ne consegue che i Disturbi della Personalità (DP) si instaurano quando uno specifico tratto di base assume caratteristiche abnormi, estreme, quando si presenta in modo eccessivo o rigido, statico, in questo modo diverrebbe disadattivo.

 

Nel presente articolo vorrei soffermarmi in modo specifico sulle implicazioni che si possono verificare nelle relazioni adulte con individui con DP narcisistico e borderline. In ogni caso specificando che la parte di “vittima” e quella di “manipolatore” o “carnefice” sono in stretta comunicazione tra loro.

Dico ciò perché chi soffre di disturbo narcisistico o borderline di personalità, di solito ha una storia alle spalle per cui può essere stato “vittima” a sua volta, si parla talvolta di una distorsione dell’ immagine del sé, questo lo porta (spesso inconsciamente) a scegliere di relazionarsi con soggetti con particolari caratteristiche, di solito opposte alle proprie o per sé desiderate. Questo non significa automaticamente che tutte le persone che hanno spiacevoli storie di vita alle spalle, anche con esperienze traumatiche, siano per forza e in modo deterministico, destinate a sviluppare un disturbo di personalità o ad avere disagi relazionali. Ma ciò non toglie che questo può essere un importante “fattore di rischio”.

Questo porta a ripetere e riproporre degli schemi relazionali ridondanti e inflessibili tesi a perpetrare il senso di controllo sull’altro e preservazione del proprio Io fondamentalmente debole.

Nel caso del soggetto con DP di tipo narcisistico, questi schemi di relazione sono portati avanti e messi in atto per incrementare il senso di onnipotenza, l’ ideazione grandiosa del Sé, e controllo. Nelle relazioni adulte, il narcisista gioca spesse volte a fare la parte della “vittima”, proprio per attirare a sé la persona che possa fare da contenitore psico-emotivo per lui/lei, e che viene concepita /o più come una prosecuzione del sé che come individuo a sé stante. I narcisisti “overt” (cioè “scoperti”, evidenti, plateali) tendono a considerarsi migliori degli altri, a mettersi su un piedistallo, a considerare esclusivamente il proprio punto di vista e il proprio benessere senza curarsi di quello altrui, ad esagerare le proprie capacità e successi, a mettere in mostra i risultati ottenuti (es. in ambito scolastico, lavorativo, accademico, sportivo ecc…), si associano a questi: grandiosità, ambizione competitiva, esibizionismo, appaiono spesso presuntuosi e arroganti, quasi eccessivamente sicuri. La verità è che il mostrare il proprio successo come “chiave” principale di relazione con l’altro significa che questi soggetti dipendono in modo importante dal pensiero e dalla valutazione altrui, hanno intrinseco bisogno di sentirsi ammirati, confermati, e ciò per loro è sinonimo di essere considerati importanti e amati.  Proprio per questi motivi l’altro viene spesso eccessivamente idealizzato o svalutato, a seconda che riconosca o meno il suo status di essere speciale, unico e “superiore”.

 

Infine, non ultima per importanza, altra caratteristica fondamentale associata a questo disturbo  è la carenza della capacità empatica, ovvero della capacità di mettersi nei panni degli altri, “come se” ci si ponesse nella prospettiva altrui, e di riconoscere che anche loro sono persone dotate di bisogni, desideri, obiettivi, sentimenti, emozioni. I narcisisti invece hanno la convinzione che le proprie esigenze e necessità vengano prima di tutto e tutti, e che la loro prospettiva e il loro metro di valutazione sia il solo universalmente valido e giusto. Questo tratto può essere particolarmente distruttivo nei legami di coppia, infatti le loro relazioni sono spesso instabili e di breve durata. Tutto va bene sino a quando il partner che tanto hanno anelato e per il quale tanto hanno insistito per cominciare la relazione, rientra nelle loro aspettative idealizzanti, rispecchia perfettamente l’illusione che si sono creati di lui/lei. Successivamente, quando accade qualcosa che fa “saltare” questa immagine, lo stesso partner amoroso assume automaticamente e istantaneamente tutte le qualità negative opposte a quelle precedentemente idealizzate. Diventa ad esempio: stupido, bugiardo, insensibile, inferiore, incapace ecc…

Oltre al NARCISISTA OVERT, esiste anche il NARCISISTA COVERT (“coperto”, nascosto, sommerso) il quale è, invece, caratterizzato dalla  prevalenza di fragilità, senso di vulnerabilità, evitamento e paura del confronto, ipersensibilità alle critiche. Spesso queste sono DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA, ovvero: alcuni narcisisti possono mostrare più spiccatamente una di queste dimensioni a scapito dell’altra. Tendono inoltre a sviluppare specifici quadri sintomatologici associati, come: disturbi d’ansia, attacchi di panico, disturbi depressivi derivanti dalla eventuale emersione della rappresentazione più temuta di sé (sé che fallisce, che compie errori, che sbaglia), poiché sentita come altamente minacciante e potenzialmente disgregante per l’Io.

Qual è l’epidemiologia? Quante sono le persone che soffrono di DP narcisistico?

Nella popolazione generale la percentuale si attesta intorno all’1%. Il disturbo colpisce maggiormente individui di sesso maschile con una percentuale compresa tra il 50% e il 75%. Una particolarità del DNP è che esso sembra diffuso quasi esclusivamente nei paesi capitalistici e in via di sviluppo occidentali.

Quali possono essere le cause?

Alcuni studiosi ipotizzano che la sua origine possa risiedere principalmente nella relazione con le figure genitoriali sin dall’infanzia, per cui: i genitori avrebbero amato e dedicato attenzioni al figlio, solo se e quando egli avesse ottenuto valutazioni e risultati esterni positivi (es. buoni voti a scuola, premi sportivi ecc…), avrebbero così sostenuto ed incoraggiato il sé grandioso rendendolo l’unica chiave efficace per la definizione di sé, degli altri, delle relazioni e del mondo, attribuendo grande importanza al successo e alla competizione.

Altri mettono in luce, invece, la crescita in un ambiente familiare insensibile e poco sintonizzato empaticamente con le necessità emotivo-affettive del bambino, insufficiente rêverie da parte del caregiver principale , bassa attenzione alle emozioni espresse, al loro riconoscimento e alla loro regolazione. I genitori di questi bambini vogliono che le loro aspettative sul figlio siano completamente soddisfatte da quest’ultimo, rendendolo cieco, sordo ed insensibile alle sue reali esigenze, e ai suoi reali desideri. Winnicott parlerebbe, in questo caso, di iper-sviluppo del Falso Sé compiacente a discapito nel nucleo autentico di personalità del Vero Sé, frustrato e annichilito. La personalità sviluppata ed esteriorizzata dall’individuo sarebbe il risultato dello schiacciamento e della mancata formazione e fortificazione del Vero Sé. E questo sarebbe il motivo per cui questi soggetti mal sopportano i fallimenti o gli errori, e quando ciò accade, diventano aggressivi, ansiosi e/o depressi.

Così cresciuta, la persona sarebbe costantemente portata a voler, a tutti i costi, ricevere attenzione, ammirazione e conferma. Poiché questo secondo loro equivale esattamente ad essere amati.

Un’ulteriore ipotesi si rifà al fatto che solitamente  le famiglie dei narcisisti tendono ad essere isolate socialmente, così il bambino crescerebbe “anomalo”, e sarebbe considerato “diverso” dagli altri, diventando oggetto di bullismo, abusi, umiliazioni, in modo particolare dai coetanei. Il soggetto quindi, sopperirebbe alla minaccia al proprio senso di autostima sviluppando un senso di sé superiore e onnipotente.

Un’altra tesi è relativa agli studi sull’attaccamento, questi mettono in risalto come, spesso, il tipo di attaccamento dei soggetti con DP narcisistico sia quello evitante, con una eccessiva spinta all’indipendenza attraverso eccessivo individualismo e  competizione. In realtà questo nasconderebbe un tipo di relazione e identità oscillante sui poli dipendenza/autonomia. In parole povere: bisogno e dipendenza dalla valutazione e dai risultati riconosciuti da altri, e bisogno di auto-affermarsi con successo, posizione sociale, riconoscimenti ecc… Si instaura così una spirale negativa, un circolo vizioso non adattivo e frustrante, perché il soggetto sente la necessità di dover sempre “dimostrare”, esibire, essere al meglio, all’altezza di ogni situazione, infallibile.

A questo punto è bene fare una precisazione: narcisismo non è sinonimo di patologico! Esiste un narcisismo SANO e funzionale nelle prime fasi dello sviluppo di un individuo. A proposito di ciò, Freud, con l’elaborazione della seconda topica (Es, Io e Super-Io) distinse due forme di narcisismo: primario e secondario.

Il narcisismo primario riguarderebbe una prima fase dello sviluppo del piccolo dell’uomo che vive in uno stato indifferenziato con la madre, come in un guscio d’uovo, all’interno della prosecuzione della simbiosi intra-uterina. A questo stadio di sviluppo egli non è ancora in grado di distinguere tra sé e l’altro, tra interno e esterno.

Il narcisismo secondario deriva dalla disillusione della fase precedente, in cui il bambino si accorge che è un essere distaccato e differente dalla madre, è una situazione psichica successiva nello sviluppo e altrettanto utile, poiché comporta l’investimento della libido su un oggetto esterno, diverso da sé, staccato, il quale viene vissuto “come il proprio io”.

Lo psicoanalista Kohut ritiene che esistano due linee parallele di sviluppo della libido: una libido oggettuale, che conduce all’amore per l’altro e una libido narcisistica che conduce all’amore per sé.

Ci sarebbe uno stadio infantile, successivo al narcisismo primario, in cui si stabilirebbe il Sé grandioso del bambino ( caratterizzato da esibizionismo e fantasie di grandiosità) da ritenersi non patologico ma sano e adattivo. In questa fase svolge una funzione fondamentale una presenza genitoriale (padre o madre) capace di sintonizzazione ed empatia rispecchiante col bambino (“mirroring”, funzione di rispecchiamento), se questa fallisce e non è adeguatamente esercitata, avviene il consolidarsi e il rafforzarsi di questo Sé grandioso arcaico invece che il suo superamento. Questo sarebbe la causa di  un arresto dello sviluppo psichico del bambino e una regressione allo stadio del “Sé grandioso arcaico”, compromettendo la sua evoluzione più matura e influenzando il sentimento di autostima e di fiducia in se stessi e nelle proprie capacità.

Lo psicoanalista francese André Green, ha messo in luce gli aspetti negativi e distruttivi del narcisismo legandoli alla pulsione di morte intesa non come distruttività di matrice pulsionale (thanatos) ma come forma di disinvestimento che permea ogni relazione con l’oggetto (incapacità di provare e trarre reale piacere dalle relazioni).

Tra le varie declinazioni patologiche, collegate a una ferita narcisistica originaria, la più conosciuta è quella del “complesso della madre morta” (1983). Non si tratta di un lutto reale subito dal bambino (Green parla di lutto bianco), ma di una depressione materna (può trattarsi di una patologia depressiva cronica o di una depressione post-partum), emersa a causa di eventi traumatici, molto dolorosi e improvvisi, a seguito dei quali la madre ha distolto in modo brusco l’ investimento affettivo verso il figlio:

Il lutto della madre modifica il suo atteggiamento fondamentale nei confronti del figlio, ch’essa continua ad amare, continuando ad occuparsi di lui. Ma, come si dice, “senza metterci l’anima

Per il bambino questo improvviso distacco affettivo-emotivo, che non è in grado di capire, viene vissuto come una “catastrofe”, un marasma, per usare la metafora di Green: un “buco nella trama psichica soggettiva”.

Il soggetto quando diverrà adulto potrà anche raggiungere una vita apparentemente soddisfacente e perfetta, sia a livello lavorativo che relazionale, ma dentro se stesso continuerà a tenere inconsciamente in vita e stampata nella mente l’immagine della madre morta, identificandosi con lei.

 

Ma che cosa si intende allora per narcisismo sano? Fermo restando che ciascuno di noi ha bisogno di sentirsi riconosciuto e amato come persona nella sua unicità, ciò che può variare (in termini quantitativi oltre che qualitativi) è il valore che attribuiamo allo “sguardo” del mondo esterno.

In linea di massima possiamo affermare che il narcisismo sano è dato dalla capacità matura ed evoluta di un individuo, di mantenere un sufficiente “equilibrio oscillatorio” tra investimenti libidici e affettivi che riguardano il proprio Io (amore per se stessi) e gli altri (amore oggettuale).

 

 

Portando avanti la trattazione, mi soffermerò adesso sul disturbo di personalità borderline, di cui Otto Kernberg è sicuramente uno tra gli autori più prolifici e incisivi. Kernberg a proposito parla di fissazione libidica alla fase borderline normale dello sviluppo, nella quale è presente la necessità di integrazione della libido e dell’aggressività verso l’oggetto d’amore, buono / cattivo. Quando il bambino sperimenta la propria autonomia e la propria individualità, VIVE DELLE FRUSTRAZIONI e deve nuovamente far riferimento alla madre o comunque al caregiver principale per il soddisfacimento dei bisogni (sono chiamate “crisi di riavvicinamento”, tra i 2 e i 3 anni d’età). Ciò provoca in lui/lei un senso di IMPOTENZA e vulnerabilità, come sensazione di aver perso le conquiste narcisiste raggiunte sino ad allora. Se il bambino subisce TRAUMI AMBIENTALI (abuso fisico e/o psicologico, assenza o morte improvvisa di un genitore ecc..)o è costituzionalmente irritabile (temperamento “negativo”), sperimenta una SPROPORZIONATA REAZIONE AGGRESSIVA ALLA FRUSTRAZIONE NARCISISTICA. Il bambino quindi rigetta rabbiosamente l’esperienza di dipendenza dall’oggetto ma, al tempo stesso, teme che questa rabbia e risentimento lo privi del sostegno dell’oggetto che comunque è NECESSARIO per il proprio equilibrio interno. Se questo compito evolutivo non viene superato, sfocerà nel livello di organizzazione di personalità borderline e nella conseguente formazione dell’ “identità diffusa”, ovvero l’Io del borderline non ha né continuità, né coerenza, metaforicamente lo definirei come: la cornice di un quadro frantumata, con tanti pezzetti sparsi qua e là.

I meccanismi dis-funzionali di difesa messi in atto sono principalmente 3:

1)    Rappresentazioni immaginarie di sé e dell’altro;

2)    Scissione e mancata integrazione di libido e aggressività;

3)    Negazione e rigetto violento della dipendenza.

I soggetti borderline sono molto particolari, e manifestano comportamenti imprevedibili, plateali, esasperati, e lesivi sia verso di sé che verso gli altri. “Border-line” significa organizzazione di personalità “al limite” della psicosi. Questi soggetti non sono né “sani” né propriamente “psicotici”, hanno intatto l’esame di realtà ma il soggetto non è comunque capace di “insight”.

Tra le caratteristiche più comuni ritroviamo:

1)    Difese primitive;

2)    Instabilità emotiva;

3)    Disregolazione affettiva;

4)    Eccessiva irritabilità;

5)    Tendenze auto-lesioniste e/o suicide;

6)    Condotte auto-mutilatorie;

7)    Iper-valutazione seguita da repentina iper-svalutazione dell’altro;

8)    Relazioni instabili;

9)    Super Io e Ideale dell’Io immaturi e arcaici;

10)                      Indebolimento e frammentazione dell’identità;

11)                      Condotte generalmente dannose per il soggetto: abbuffate, abuso di sostanze,   guida spericolata ecc…

Il problema principale del borderline riguarda l’emotività, in termini di contenimento e regolazione. L’emotività di questi soggetti infatti viene espressa, sia sul polo positivo che sul polo negativo, sempre in maniera plateale, evidente, impetuosa, può passare da manifestazioni d’affetto immediate e forti, a manifestazioni di aggressività e violenza altrettanto importanti sia su di sé che sugli altri.

Il tipo di attaccamento maggiormente associato a questo DP sarebbe quello ambivalente. L’altro della relazione, nelle fasi intense e improvvise di aggressività ed emotività negativa, viene visto come qualcuno da punire, distruggere, demolire.. Il comportamento è senza limiti, socialmente disadattivo, incline a violenza, aggressività , mancanza assoluta di empatia, sadismo, sessualità impetuosa e promiscua, anche l’attività e la coerenza del pensiero viene intaccata e spesso i discorsi possono risultare incoerenti, spezzettati e privi di filo conduttore. Inoltre tali pazienti spesso cambiano umore con molta facilità, e possono addirittura provare emozioni contrastanti contemporaneamente: odio/amore, felicità/tristezza, paura/rabbia.

I rapporti con l’altro sono altamente problematici, quasi sempre falliscono e  risultano emotivamente distruttivi e altamente traumatici, soprattutto per il partner all’interno della coppia. La persona con DP borderline tende a  percepirsi in modo cinico, severo e le rappresentazioni di sé ricorrenti sono specificamente 2: il sé indegno e il sé vulnerabile, debole.

Il sé indegno si esprime con pensieri del tipo: “Non valgo niente”, “Sono cattivo o sbagliato”, che nascondono una forte paura di abbandono. Di fronte a questa paura e all’eventualità di trovarsi in “pericolo”, il soggetto si batterebbe con forza per tentare di garantirsi a tutti i costi la vicinanza e l’amore dell’altro, sovente adottando strategie che prevedono l’auto-annichilimento, ovvero:

il tratto principale e caratteristico del borderline, prima di portare completamente a sé il potenziale partner (quindi prima di iniziare una eventuale relazione amorosa), che accuratamente seleziona, è quello di cambiare i suoi gusti e le sue preferenze o condotte per uniformarle a quelle del suo “bersaglio”, in modo da garantirsi l’affetto dell’altro e sentirsi degno del suo amore. Tra le numerose e diversificate avvisaglie a cui prestare attenzione, c’è soprattutto questo aspetto. A lungo andare, però, tale comportamento può provocare nel soggetto borderline un senso di frustrazione, e l’emozione principale che emerge è la rabbia (l’altra faccia della medaglia della paura), quasi sempre messa in atto con condotte impulsive, “inspiegabili” , verso l’altro con litigi furibondi , o verso se stesso, col ricorso all’autolesionismo o al suicidio. In risposta alla percezione di un possibile abbandono possono mostrare anche sintomatologia della sfera depressiva.

 

ll sé vulnerabile, debole, si riferisce alla percezione di essere facilmente esposto a pericoli, a minacce dal mondo esterno imprevedibile e caotico. Ecco perché a questo DP si associano: ansia, disturbi fobici, depressione e, in situazioni ad alto livello stressogeno si possono manifestare anche sintomi dissociativi, durante i quali il soggetto ha la sensazione di non essere presente a se stesso, di sentirsi come staccato da sé.

 

Uno stato che spesso accomuna entrambe le rappresentazioni è un senso cronico e stabile di vuoto, nei confronti del quale l’individuo può reagire ricorrendo a comportamenti disfunzionali, come gesti autolesivi o, addirittura, suicidio.

La rappresentazione che invece ha dell’altro oscilla tra due poli: idealizzazione e svalutazione. Capita, quindi, che in certi momenti l’altro (genitore, amico, partner, collega) venga percepito in modo assolutamente positivo (ad esempio: “buono”, “affidabile”, “disponibile”), mentre in altri venga rappresentato nel modo opposto, con grande difficoltà da parte del soggetto a considerare le due immagini contrastanti (oggetto buono/oggetto cattivo) come parti della stessa persona che, molto semplicemente, a volte può essere “buona” e piacevole, a volte “cattiva” e deludente. Ne conseguono cambiamenti d’umore repentini e/o forti scatti d’ira che man mano che la relazione problematica prosegue, portano poi inevitabilmente ad un punto di rottura e interruzione, e così, contemporaneamente il circolo vizioso ha nuovo “nutrimento” per rigenerarsi, confermando così la convinzione del borderline di essere indegno e non meritevole di amore.

Quante e quali persone ne soffrono?

Per il DBP le percentuali di prevalenza nella popolazione generale sono tra lo 0.2% e l’1.8%. Esso si osserva maggiormente tra i giovani, in termini di percentuali interessa maggiormente il sesso femminile, e circa il 10% dei pazienti muore per suicidio.

Possibili cause (più comuni):

1)    Crescita in un ambiente invalidante, nel quale l’espressione degli stati interni  del soggetto (sensazioni, emozioni, pensieri) non solo non viene accolta e accettata, ma spesso viene banalizzata o punita severamente.

2)    Ambiente abusante e/o maltrattante, che non incoraggia i tentativi autonomo di esperienza da parte del soggetto, quindi di esplorazione dell’ambiente.

3)    Mancanza, assenza o lassismo di una o di entrambe le figure genitoriali.

Tale contesto relazionale-familiare ha effetti patogeni sul soggetto che, infatti, ha estrema difficoltà sia a riconoscere che ad esprimere i propri stati interni, oltre che  modularli; ha difficoltà a tollerare lo stress e ha quasi sempre bisogno di un appoggio esterno, un supporto al quale si aggrappa con tutte le forze, per avere indicazioni sicure su cosa pensare o sentire e su come agire (possono essere gli stessi familiari, o amici o colleghi di lavoro, che inconsapevolmente reggono e sono complici della perpetrazione del circolo vizioso patogeno e disfunzionale).

 

Queste persone presentano una difficoltà molto alta a calmarsi e a controllare i loro impulsi, che sia amore, odio, vendetta, ecc..

L’elemento caratteristico di cruciale importanza nei sintomi e nelle difficoltà sopra menzionate consiste in una assenza di identità stabile e coerente, con oscillazioni tra euforia e onnipotenza, e depressione accompagnata da sentimenti di inadeguatezza.

Il termine che meglio definisce il DP borderline è “imprevedibilità”. Le emozioni sono instabili, altalenanti, spesso prive di cause scatenanti o ragioni. I processi di pensiero sono anomali: chiari alcune volte, altre volte distorti e confusi.

Si alternano periodi di comportamento “normale”, adattivo ed efficiente, a improvvisi periodi regressivi caratterizzati da rabbia, sentimenti di impotenza e di vuoto, questo può portare a brusche interruzioni nel lavoro, a rottura nelle relazioni di coppia, portando il soggetto al ritiro sociale o eccessiva promiscuità nelle relazioni.

La situazione è sempre molto complessa e grave per chi vive e convive con queste persone: i familiari, i partner nella coppia, i colleghi di lavoro, gli amici, non sanno mai cosa aspettarsi da loro, generando un sentimento di impotenza per l’incapacità sentita di fornire adeguato aiuto e sostegno.

L’effetto del disturbo sulla vita della persona è pervasivo in tutti gli ambiti: personale, interpersonale e sociale.

Quali sono le possibili cause ?

Ad oggi non è stata identificata nessuna singola e unica causa, ma sembrerebbero esserci dei fattori predisponenti a livello di ereditarietà e temperamento e fattori di rischio a livello ambientale e sociale. A questo spesso si associano esperienze traumatiche precoci di vita (abusi sessuali e fisici, divorzi, molteplici figure di accudimento e spesso non presenti stabilmente, assenza o morte di un genitore, lassismo genitoriale ecc..), e disturbi a livello neurofisiologico e ormonale.

Per quanto riguarda i fattori neurologici e ormonali, si può riscontrare come molti adulti borderline abbiano avuto da bambini problemi nella crescita , disturbi di apprendimento, crisi convulsive o simil-epilettiche, anomalie nelle onde cerebrali. C’è da precisare un aspetto: non tutti i borderline presentano o hanno avuto questi problemi e non tutte gli individui che ce li hanno avuti sviluppano poi in automatico il disturbo borderline di personalità.

 

Qual è la prognosi del disturbo e quali i possibili esiti?

 

In assenza di trattamento farmacologico, psichiatrico e psicoterapico adeguato il disturbo può accompagnare la persona per tutta la vita, creando instabilità e insoddisfazione profonda. Nei casi più estremi e gravi l’esito può essere il suicidio.

È doveroso dire che invece con un buon trattamento continuativo e persistente negli anni, l’esito può essere positivo e favorevole in molti casi.

 

Quindi, se qualcuno ha o avesse mai a che fare, entro qualsiasi tipo di relazione, con una persona che presenta questo disturbo di personalità, stia sempre attento alle avvisaglie precoci e non perda mai di vista il fatto che sono individui che vanno aiutati, che hanno bisogno di apposite cure e terapie. Allo stesso tempo è importante non trascurare e mettere in secondo piano il proprio benessere e l’energia positiva verso la vita, che queste persone tendono ad assorbire quasi completamente e sconvolgere. L’eventuale allontanamento o la rottura della relazione non significa dover rinunciare ad aiutarli o non vedere che il problema c’è ed esiste, si può sempre fare qualcosa e non c’è mai nessuno totalmente irrecuperabile.

Bisogna sempre tenere a mente che il disturbo, per quanto pervasivo e grave possa essere, non è mai LA PERSONA.

 

Carlotta Cadoni

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