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LO STRESS

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LO STRESS

PICCOLA LENTE DI INGRANDIMENTO SULLA PROSPETTIVA PSICONEUROENDOCRINOIMMUNOLOGICA

 

Nel corso degli anni, gli studi e le ricerche sullo stress hanno fatto grossi passi avanti.

Il “PADRE” indiscusso della concettualizzazione scientifica dello stress è senza dubbi Hans Selye. Egli ne diede una prima definizione psicologica, andando oltre la semplice riconduzione di esso allo “sforzo” e alla “fatica”.

All’interno della sua teoria, lo stress sarebbe una risposta aspecifica di un organismo a vari stimoli esogeni ed endogeni (psico-sociali e bio-fisici).

Lo stress, in questo senso, perde la sua connotazione negativa e diventa un modo di re-azione “normale” di un essere collocato psico-fisiologicamente nel mondo empirico, scientificamente descrivibile e studiabile.

Selye, a questo proposito, parlò di SINDROME GENERALE DI ADATTAMENTO, costituita da tre fasi:

ALLARME, RESISTENZA, ESAURIMENTO.

La teoria è basata sull’assunto che, naturalmente, un organismo è portato alla creazione e al mantenimento di una condizione omeostatica.

 

Cos’è l’omeostasi?

È una condizione di equilibrio psico-fisico dinamico che permette il corretto funzionamento dell’organismo e ne consente l’adattamento. Quanto più questo equilibrio è fluido e capace di costruirsi e ri-costruirsi, tanto più un essere è capace di adattarsi. Questo vale sia a livello anatomo-fisiologico che a livello psicologico e sociale.

Siamo quotidianamente “bombardati” da vari stimoli a noi interni ed esterni, e il nostro equilibrio è costantemente messo alla prova.

Per essere degli UMANI ADATTATI E ADATTABILI dobbiamo diventare dei “BRAVI EQUILIBRISTI”, sempre pronti a spostare il BARICENTRO per NON CADERE! E col tempo e l’esperienza vissuta, sviluppiamo delle vere e proprie tecniche, delle “strategie” per far fronte ai vari ostacoli e alle vicissitudini dell’esistenza, ognuna delle quali è un potenziale e/o effettivo “destabilizzatore”.

Questi “agenti destabilizzanti” vengono chiamati STRESSORS in gergo tecnico.

Gli stressors sono degli stimoli che in sé non sono né positivi né negativi.

È l’interazione con un organismo che li definisce in un senso o in un altro.

Essendo agenti stressogeni, alzano in noi il livello di allerta e il COME li vediamo e li percepiamo, in relazione alla VALUTAZIONE COGNITIVA che facciamo in merito alle RISORSE interne ed esterne di cui disponiamo per fronteggiarli, influenza la nostra risposta a livello psicologico, fisico e comportamentale.

Nella FASE DI ALLARME si accende il “CAMPANELLO” interno dell’ ALLERTA; essa comporta dei cambiamenti a livello biochimico ed endocrino, stimolando la produzione di NORADRENALINA, ADRENALINA e GLUCOCORTICOIDI, tra cui il CORTISOLO, l’ormone dello stress per antonomasia. Questa fase prepara l’organismo a re-agire ad uno stimolo, aumentando la frequenza respiratoria e cardiaca, tutti gli organi e i tessuti, compreso quello muscolare, vengono OSSIGENATI al massimo per essere pronti ad un’eventuale risposta di AZIONE o FUGA.

Nella FASE DI RESISTENZA l’organismo si prepara a DIFENDERSI da un’eventuale “minaccia” e si mettono in atto una serie di strategie elaborate a livello cognitivo che permettono di fronteggiare le varie situazioni di vita. Esse vengono chiamate STRATEGIE DI COPING, e possono essere molteplici (es: si può scegliere di spostare l’attenzione dallo stimolo stressogeno ad un altro più “controllabile”; oppure lo si può affrontare per analogia con un’altra situazione “simile” che si è verificata in passato e per la quale quella strategia aveva portato risultati positivi; si possono utilizzare tecniche di rilassamento, ecc..). Se la resistenza ha successo si verifica l’ADATTAMENTO dell’organismo e la creazione di un NUOVO EQUILIBRIO; se invece questa FALLISCE, l’organismo può cadere nello stato di ESAURIMENTO (terza ed ultima fase del modello di Selye). In essa si verifica il CROLLO DELLE DIFESE e l’incapacità di re-agire allo stressor e ri-creare un’omeostasi funzionale e “sana”. Si verifica più frequentemente quando, in media, la situazione stressogena si porta avanti per più di sei mesi, quando gli stressors agiscono A LUNGO TERMINE.

L’attivazione a lungo termine dell’ASSE IPOTALAMO-IPOFISI-CORTICOSURRENE porta ad un aumento di ormoni corticosurrenali in circolo, che può avere conseguenze anche GRAVI col tempo.

 

In un mondo come il nostro, iperveloce, individualista, improntato sul SUCCESSO dell’UOMO CHE SI FA DA SÉ (self made man) cadere nell’esaurimento non è poi così raro e difficile!

 

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Quali rischi si corrono?

I rischi sono molteplici: disturbi cardiovascolari in primis (ipertensione, rischio di infarto), disturbi endocrini e ormonali, disordini metabolici, disturbi del sistema immunitario (linfoadenopatia reattiva cronica, esposizione all’ insorgenza di reazioni infiammatorie e malattie auto-immuni), disturbi del sonno, gastrici (gastrite, reflusso gastroesofageo, sindrome del colon irritabile), cognitivi (abbassamento della concentrazione, disturbi dell’attenzione, deficit di memoria) ecc..

Dagli studi più recenti sullo stress, pubblicati peraltro dalla rivista PNEI NEWS, si è infatti riscontrato un collegamento importante tra stress e SISTEMA MIOFASCIALE, che coinvolge OSSA, ARTICOLAZIONI, MUSCOLI, TESSUTO ADIPOSO, ORGANI INTERNI, MENINGI.

Qual è l’importanza del SMF?

Il SISTEMA MIOFASCIALE, in condizione di stress funzionale, permette di combinare la meccano-biologia dell’organismo, agendo soprattutto sull’ IMMUNITÀ UMORALE EXTRACELLULARE Th2, con azione prettamente ANTINFIAMMATORIA.

 

Cosa succede quando lo stress è CRONICO?

Succede che l’IMMUNITà Th2 assume la FUNZIONE INVERSA, ovvero INFIAMMATORIA!

Questa risposta infiammatoria coinvolge le ossa, rendendole più deboli e soggette a fratture, i tendini (si atrofizzano e diventano doloranti), i reni, il cuore, il timo e provoca uno stato generale di ASTENIA (affaticamento). Inoltre, aumenta l’accumulo di ADIPOCITI e GRASSO VISCERO-MUSCOLARE, diminuisce notevolmente i FATTORI DI CRESCITA NEUROTROFICI (responsabili del riadattamento sinaptico e della PLASTICITÀ NEURALE), altera le CAPACITÀ PERCETTIVE dal momento che alte concentrazioni di cortisolo e catecolamine modificano le aree cerebrali dell’IPOTALAMO, INSULA e AMIGDALA, fondamentali per la percezione degli stimoli corporei e la regolazione di quelli emotigeni (una delle conseguenze di ciò può essere l’ ANSIA GENERALIZZATA).

Tutto questo rende i NEURONI PIÙ “IRRITABILI” E “SENSIBILI” anche a bassi livelli di stimolazione, abbassandone la SOGLIA DI REAZIONE. Ciò può portare ad IPERALGESIA, ovvero all’abbassamento della soglia percettiva del dolore.

 

Quanti “effetti collaterali”! Non sarebbe meglio evitare gli stressors?

Benché, indubbiamente, le conseguenze negative dello stress siano numerose e a volte anche piuttosto deleterie, EVITARE LO STRESS NON È POSSIBILE NÉ AUSPICABILE, POICHÈ EQUIVARREBBE AD EVITARE LA NOSTRA STESSA VITA, NEGARE LA NOSTRA ESISTENZA DI ESSERI IN CONTINUO MUTAMENTO, LA CUI SOPRAVVIVENZA RICHIEDE L’ADATTAMENTO COSTANTE A NUOVE RICHIESTE BIO-PSICO-SOCIO-AMBIENTALI.

 

Qual è il fattore “perno” su cui ruota la relazione tra stressor e organismo?

È il modo in cui valutiamo gli stimoli potenzialmente destabilizzanti, direttamente collegato al senso di autoefficacia e autostima.

Quanto ci sentiamo in grado di fronteggiare quella richiesta? Abbiamo le risorse necessarie? Come ci valutiamo in relazione ad esse? A quali risultati miriamo? Quali sono le nostre aspettative?

Tutto questo lega alla dimensione oggettiva dello stress una dimensione soggettiva, dalla quale l’uomo non può prescindere. Essa comprende la facoltà umana di giudicare e decidere, allude cioè a una scelta, un discernimento, e allo stesso tempo a un rischio.

Dopotutto, solo scoprendo e utilizzando nuove categorie di interpretazione delle situazioni e ampliando la propria prospettiva, ci si potrà sentire via via meno destabilizzati e rendersi conto che, in fin dei conti, ciò che si sta vivendo non è altro che “un cambiamento di stato” che, per essere affrontato, esige una nuova presa di coscienza. Esige, cioè, che sia messa da parte la paura del futuro, una specie di “salto nell’abisso” ma a occhi ben aperti per vedere nuove opportunità e finalmente risalire, prendendo coscienza di essere uomini nuovi, e potenzialmente sempre pronti a rinnovarsi.

NON DOBBIAMO MAI DIMENTICARE CHE LA “TENSIONE” CHE CI SOSPENDE SUGLI ABISSI È LA STESSA CHE CI CONDUCE VERSO NUOVI EQUILIBRI.

A NOI STA CONOSCERLA, INCANALARLA E DIFENDERLA.

 

 

Carlotta Cadoni

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