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PSICOLOGIA SOCIO-CULTURALE: MENTE E LINGUAGGIO PER JEROME BRUNER

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PSICOLOGIA SOCIO-CULTURALE: MENTE E LINGUAGGIO PER JEROME BRUNER

Cos’è la mente e come si forma?

La mente per Jerome Bruner è quell’entità sovraordinata, organizzatrice dell’esperienza e del sé tramite il SIGNIFICATO. Esso è alla base della condotta umana. L’essere umano sarebbe essenzialmente un costruttore attivo di significati, influenzati dalla società, dall’educazione e dalla cultura di appartenenza. Ogni azione umana è dotata di INTENZIONALITÀ, ed è proprio la comprensione di questa a rendere prevedibile il mondo, a guidarci e orientare le nostre condotte.

Il soggetto è un attivo e partecipativo costruttore di conoscenza su di sé, sul mondo e su questi in relazione.

L’impalcatura di sostegno della conoscenza è data da modelli interattivi di azione e relazione abituale che si creano e si stabilizzano all’interno di interazioni routinarie che hanno luogo nei primi contatti tra caregiver e bambino in via di sviluppo. Questi modelli mentali prendono il nome di “FORMAT”, sono dei veri e propri schemi fissi ripetuti in cui l’adulto e il bambino cooperano per uno scopo comune, ovvero quello del mantenimento del con-tatto in varie situazioni ed esperienze come: rituali della pappa, rituali di gioco ( pensiamo al gioco del cucù), rituali della fase di addormentamento, ecc..
FORMAT di ATTENZIONE CONDIVISA e FORMAT di AZIONE CONDIVISA sono basi fondamentali per lo sviluppo della capacità linguistica.
Vi sono tre tipi di rappresentazioni che regolano il rapporto del bambino col mondo e orientano le sue azioni e i suoi pensieri. La rappresentazione è un insieme di regole attraverso le quali l’individuo conserva le proprie interazioni con gli eventi. Nel corso dello sviluppo le rappresentazioni cambiano “forma”. Nello specifico Bruner parla di tre tipi di rappresentazione: esecutiva, iconica e simbolica.
La RAPPRESENTAZIONE ESECUTIVA presente sino al primo anno e mezzo di vita, permette al bambino di conoscere attraverso l’azione, è caratterizzata da una codifica di tipo motorio, basata su percezione, attenzione, manipolazione di oggetti, esperienza pratica per via sensoriale. Non c’è una netta separazione tra soggetto che esperisce e mondo esterno. Uno degli studi effettuati in merito riguarda la suzione non nutritiva, attraverso questo si è evidenziato come la suzione possa andare sotto il controllo volontario, ovvero il bambino può modulare e regolare il ritmo di suzione in certe condizioni. In questo paradigma sperimentale si faceva in modo che ogni qualvolta il bambino aumentava il ritmo di suzione, questo provocasse la visione di un’immagine interessante (volto) posta in uno schermo di fronte a lui.
In seguito è la RAPPRESENTAZIONE ICONICA a guidare e orientare la relazione del bambino col suo ambiente di vita. Presente dal secondo sino al sesto anno di vita circa, permette al bambino di conoscere e pensare attraverso l’immagine. La codifica utilizzata è di tipo osservativo, collegata all’attività imitativa. Si parla prima di IMITAZIONE CANONICA (simile all’emulazione, capacità che condividiamo col mondo animale) e successivamente di IMITAZIONE DIFFERITA (specifica del genere umano, legata al tentativo di riprodurre fedelmente l’azione di un modello cercando di perseguire lo stesso scopo, implica l’attribuzione di intenzionalità e stati mentali epistemici a sé e l’altro riferiti a piani di comportamento), più complessa della precedente. Il piccolo costruisce delle IMMAGINI INTERNE di ciò che vede e di cui fa esperienza. Egli conserva un’immagine della realtà che ha percepito e la usa per gli scopi che intende raggiungere. La rappresentazione iconica è ancora particolarmente legata al dato concreto, e la testimonianza di ciò sta, ad esempio, nel fallimento del bambino in compiti pigetiani di conservazione (ad esempio: vengono messi davanti al bambino, sopra un tavolino due bicchieri, uno basso e largo e un altro a fianco stretto e lungo. Lo sperimentatore versa una data quantità di liquido prima in un bicchiere e poi nell’altro. A questo punto si chiede al bambino se la quantità di liquido presente nei due bicchieri sia diversa o uguale, il bambino legato ancora al PENSIERO DI TIPO PRE-OPERATORIO, risponderà basandosi sul dato concreto che a livello percettivo visivo è evidente, e cioè che l’acqua è maggiore nel bicchiere stretto e lungo rispetto a quella posta nel bicchiere basso e largo, in realtà la risposta corretta è che ovviamente la quantità d’acqua è la stessa in entrambi, cambia solo il modo in cui questa si distribuisce lungo il bicchiere di diversa forma. Il pensiero del bambino, cioè, a questo stadio dello sviluppo cognitivo non concepisce ancora la conservazione del volume/quantità).
Segue la forma più alta e tipicamente umana di rappresentazione, che è senza dubbi quella SIMBOLICA. Presente dal sesto anno in poi, viene sempre meno la dipendenza dal dato concreto per la conoscenza e la comprensione, la codifica è guidata dal simbolo, dal SIGNIFICATO. La forma più rappresentativa è quella data dal linguaggio verbale, attraverso cui si struttura la realtà secondo principi di categorialità, produttività, organizzazione gerarchica. Questo tipo di rappresentazione presuppone lo sviluppo dei due sistemi precedenti.
Tutte le rappresentazioni sono INTERCONNESSE e CONTEMPORANEAMENTE PRESENTI. Dunque, poiché alla base del conoscere, sin dal principio vi è l’AGITO, esso costituisce la base imprescindibile grazie alla quale è possibile la conoscenza.

TUTTO CIÒ CHE IL BAMBINO SA È LEGATO A QUALCHE FORMA DI AZIONE.

Qual è il legame tra conoscenza proto-linguistica e sviluppo del linguaggio?

Secondo Jerome Bruner, l’impalcatura portante perché avvenga la strutturazione del sistema linguistico è costituita dalla relazione con l’altro più esperto, perciò egli è uno dei principali esponenti della TEORIA INTERAZIONISTA sullo sviluppo del linguaggio. Secondo questa, biologia ed esperienza contribuiscono entrambe allo sviluppo linguistico.

Sebbene vi sia di base una predisposizione biologica all’acquisizione della capacità linguistica, l’AMBIENTE è la fondamentale MOLLA ATTIVANTE, E/O FACILITANTE di questa predisposizione (così come sostenuto da Karmiloff- Smith nel 1992 con la corrente del neurocostruttivismo). Bruner, quindi, evidenzia l’importanza del contesto socio-culturale di appartenenza e del ruolo fondamentale che assumono genitori e insegnanti in questo delicato e complesso processo. Essi sarebbero i facilitatori e fungerebbero da SISTEMA DI SUPPORTO PER L’ACQUISIZIONE DEL LINGUAGGIO (LASS). Il concetto di LASS somiglia a quello di ZOPED (zona di sviluppo prossimale) di Lev Vygotskij, secondo cui sono gli scambi sociali e comunicativi con l’altro più esperto ad innescare e incrementare il potenziale del bambino.
Secondo questa prospettiva, lo sviluppo linguistico sarebbe un PROCESSO A FORTE BASE NEUROBIOLOGICA MEDIATO DA FATTORI AMBIENTALI, CONDIZIONATI DA FORMAT DI AZIONE E ATTENZIONE CONDIVISA.
Le INTERAZIONI SOCIALI diventano i PRECURSORI INTERATTIVI DEL LINGUAGGIO.
I FORMAT di azione e attenzione condivisa, menzionati in precedenza, hanno una struttura ben precisa: ricorsiva e pentadica, ovvero formata da 5 elementi tipici della NARRAZIONE e delle STORIE:
1) Attori: inizialmente genitore e bambino;
2) Scena: azioni compiute;
3) Strumenti;
4) Intenzioni;
5) Scopi.

La MOTIVAZIONE alla base dello sviluppo del linguaggio, perciò, è costituita dalla naturale spinta e necessità di dar senso/significato a sé, al mondo e alla loro connessione. La struttura dei format si ricollega inevitabilmente a quella della NARRAZIONE di storie, fatti/eventi. Ciò avviene attraverso un tipo speciale di pensiero: il PENSIERO NARRATIVO.

Cos’è il pensiero narrativo e perché è importante?

Esso è una forma di narrazione mentale di eventi riguardanti azione e intenzionalità umana il cui prodotto è la narrazione. I contenuti di questo sono le azioni umane, le relazioni tra comportamenti, motivazioni e scopi che li guidano, la comprensione delle emozioni, affetti e valori che li orientano. Il pensiero narrativo è tipico del discorso e del ragionamento quotidiano ed è strettamente contesto-dipendente con senso orizzontale di coerenza, è uno stile contrapposto a quello paradigmatico, tipico invece del discorso e del ragionamento scientifico, orientato in senso verticale-gerarchico (sistemista-astratto) basato su norme e leggi generali.
La NARRAZIONE diventa la CHIAVE attraverso cui è possibile far crescere la competenza linguistica nel rapporto che l’individuo ha con l’altro e con l’ambiente.

NELLA NARRAZIONE OGNI COSA TROVA IL SUO POSTO.
Le quattro componenti di questa sono:
1) Agentività: riconosce che le azioni umane sono sempre azioni di qualcuno mosso da intenzioni e scopi;
2) Sequenzialità: ordina e collega gli eventi a livello di sequenze spazio-temporali;
3) Sensibilità: alternanza tra il canonico e lo straordinario delle vicende umane;
4) Prospettiva: punto di vista di chi narra la vicenda.
Attraverso il pensiero narrativo il piccolo riordina i propri vissuti a livello discorsivo e con questi strumenti interpretativi e orientativi egli fa il suo INGRESSO NELLA CULTURA UMANA.
LA REGOLARITÀ DELLE SITUAZIONI INTERATTIVE DI ROUTINE PRECORRONO LA REGOLARITÀ DELLA GRAMMATICA DI UNA LINGUA. La presenza di un SUPPORTO è un fattore di facilitazione nell’apprendimento del linguaggio. L’adulto ha il potere di stimolare il bambino attraverso suggerimenti, lodi e incoraggiamenti per le risposte corrette, correzioni e spiegazioni di quelle sbagliate.

IL GENITORE È IL PRIMO SISTEMA SOCIALE DI SUPPORTO.
A sostegno della teoria di Bruner, soprattutto nel sottolineare l’importanza di un ambiente di apprendimento facilitante e stimolante nello sviluppo delle abilità cognitive del bambino, in modo specifico quelle linguistiche, famosi sono gli studi di Huttenlocker e Raisely, Huttenlocker e Levine (1991-1999).
Il focus della ricerca condotta nel 1995 fu analizzare come il contesto familiare influenzi le capacità linguistiche dei piccoli. La variabile che si prese in considerazione fu lo status socio-economico dei genitori e conseguentemente anche il loro livello di istruzione, e il collegamento di questo con le capacità linguistiche di vocabolario espressivo in bambini di 36 mesi. Fu rilevato come all’età di 36 mesi il vocabolario dei bambini con genitori di status economico medio-alto fosse più sviluppato e ampio rispetto a quello di bambini di genitori con status socio-economico basso, assistiti socialmente attraverso ammortizzatori e sussidi.
La Huttenlocker, in una ricerca del 1991, studiò il livello di correlazione tra il comportamento materno e le caratteristiche linguistiche dei bambini. I ricercatori osservarono, tramite videoregistrazioni in contesti di vita quotidiana, il discorso di madri che si rivolgevano ai loro figli. I figli di madri loquaci, che parlavano loro più spesso, mostravano un vocabolario decisamente più ampio e ricco, all’età di 2 anni questi bambini mostravano nette e significative differenze rispetto ai bambini di madri taciturne e che interagivano poco.
Un altro studio di Huttenlocker e Levine si servì di registrazioni di conversazioni di 22 bambini piccoli con le loro mamme durante le attività quotidiane di routine. Le registrazioni sono state fatte in più tempi, ogni 2-4 mesi tra i 16e i 26 mesi di vita dei bambini. I ricercatori notarono che c’era una grande e significativa corrispondenza tra l’estensione del vocabolario dei bambini e la loquacità della madre. Questi bambini mostravano in media un vocabolario 4 volte superiore per ampiezza rispetto a quello di bambini con madri silenziose. I ricercatori hanno trovato correlazioni positive sopra lo 0.75. Per garantire il controllo della variabile “capacità verbali della madre”, queste erano state testate prima dell’inizio delle registrazioni e queste avevano QI verbali omogenei tra loro.
In una ricerca del 1999 è stata indagata come la sintassi del bambino sia influenzata dal contesto linguistico. Sono stati registrati gli scambi linguistici di 34 genitori e dei loro bambini di 4 anni. La finalità dello studio era determinare la proporzione di frasi complesse con più subordinate pronunciate. Ad esempio: “Sto andando al negozio perché ho bisogno di comprare da mangiare” rispetto a frasi semplici come “Vai nella tua stanza”. Il risultato dello studio fu il seguente: fu riscontrata una relazione significativa tra proporzione di frasi complesse pronunciate dai genitori e quella di frasi complesse pronunciate dai bambini in vari contesti, sia a casa che a scuola.
In un altro studio condotto nel 1999 negli USA, sulla classe americana di asilo 1998-1999 si riscontrò che i genitori che leggevano storie più volte a settimana ai loro figli, con una frequenza media di 3 volte a settimana, avevano bambini con capacità linguistiche migliori. Questo dato fu rilevato dal Centro Statistiche Nazionali del 2000.
Questi studi dimostrano che l’input dei PRIMI DISCORSI ha un grande effetto sullo sviluppo delle capacità linguistiche del bambino a prescindere dalla dotazione biologica di QI (quoziente intellettivo).
Alla luce di tutto ciò, le figure di riferimento nella vita del bambino in via di sviluppo hanno quindi una responsabilità enorme nei suoi confronti: quella di diventare dei facilitatori, dei mediatori, delle bussole per lo sviluppo delle sue competenze presenti e future, non solo in ambito linguistico, ma nel favorire il processo di adattamento in generale. In questo modo l’impalcatura di sostegno (scaffolding) sarebbe utile e indispensabile per la creazione di un’immagine di sé positiva, coerente e stabile, come individuo in costante relazione col mondo e con gli altri, capace, efficace, in grado di raggiungere i propri obiettivi, di stabilire legami affettivi duraturi basati sulla reciprocità, di negoziare e cooperare con l’altro, in grado di sentirsi amato, degno di stima, affetto, in grado di provare un sentimento generale di fiducia verso se stesso, il contesto e il mondo in cui vive.
Ciascun bambino, nella sua innocenza e approccio alla vita è come il seme di una bellissimo albero che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo e fragile di tutti i semi, ma poi, se curato con attenzione, pazienza e amore, cresce e diviene grande e forte, arrivando persino ad abbracciare il cielo con rami tanto lunghi, flessibili e resistenti che tutte le creature ne potranno trarre beneficio, potendosi riparare sotto la sua ombra e vivere della sua luce.

 

Carlotta Cadoni ©